Il neurologo si confronta spesso con la diagnosi delle demenze. L’uso del plurale non è casuale e sottintende la conoscenza che, al di sotto del deterioramento delle funzioni cognitive, siano presenti diverse patogenesi, diversi aspetti causali e dunque differenti approcci terapeutici.
Le demenze si suddividono in vari gruppi:
1) demenze primarie: in tale gruppo, la patogenesi è principalmente legata alla degenerazione neuronale a sede corticale. Capostipite è la demenza di Alzheimer, ma ne fanno parte anche la demenza fronto-temporale o l’afasia primaria progressiva.
2) Demenze associate a malattia con degenerazione neuronale primaria: la degenerazione riguarda altri sistemi (ad esempio quello extrapiramidale), ma successivamente si estende ad interessare anche la corteccia o le strutture di collegamento a carattere associativo (ad es. la degenerazione corticobasale).
3) Demenze da disturbi endocrini e metabolici: distiroidismo, malattie epatiche e renali.
4) Demenze a patogenesi infettiva dell’encefalo, tra cui le demenze da prioni, agenti infettivi meno strutturati dei virus.
5) Demenze secondarie a malattie carenziali, quali deficit di folati e/o vitamina B12, soprattutto indotte da alcoolismo.
6) Demenza da patologia dell’encefalo, come l’idrocefalo normoteso, traumi e tumori.
E’ evidente che un primo approccio riguarderà la diagnosi differenziale tra i diversi gruppi, ed i test neuropsicologici svolgono, oltre agli esami di laboratorio, una funzione discriminante. Infatti, ad esempio, in base ai risultati ottenuti ai test è possibile differenziare le caratteristiche cliniche dei diversi tipi di demenza e discriminare tra le demenze primarie, in cui l’aspetto degenerativo è sostanziale, e demenze secondarie, in cui la rimozione della causa comporta un notevole miglioramento fino alla regressione della sintomatologia.