Il morbo di Alzheimer, scoperto nel 1907 da Alois Alzheimer, è una malattia che colpisce la memoria e le funzioni cognitive per cui il malato comincia a non ricordare le cose, ad avere stati confusionali, difficoltà nel parlare e difficoltà nel portare a termine i normali compiti della vita quotidiana. Nei pazienti affetti da tale demenza si osserva una progressiva perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive. Si riscontra, inoltre, un basso livello di alcuni neurotrasmettitori, come l’acetilcolina. All’esame autoptico, si caratterizza per la presenza di agglomerati, poi definiti placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate, la degenerazione neuro-fibrillare. Il decorso della malattia è lento e in media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi della malattia.
Ad oggi non sono note le cause che provocano l’Alzheimer e non esistono ancora terapie efficaci per la cura della patologia, ma solo terapie che tentano di ritardare il più possibile il progredire della malattia. E’ pertanto molto importante fare attenzione ai primi sintomi per avere una diagnosi precoce della malattia. Dal punto di vista farmacologico, esistono farmaci, quali tacrina, donepezil, rivastigmina e galantamina, che possono aiutare a limitare la progressione sintomatica. Questi principi attivi inibiscono l’acetilcolinesterasi, un enzima che distrugge l’acetilcolina, il neurotrasmettitore cui viene attribuita la maggior attività nel funzionamento dei processi mnesici. Perciò inibendo questo enzima, si spera di migliorare la memoria di tali malati. Altri farmaci, inoltre, possono aiutare a contenere i problemi di insonnia, di ansietà e di depressione, oltre ai disturbi comportamentali, piuttosto frequenti soprattutto nelle fasi avanzate. La messa a punto di nuovi farmaci per la demenza di Alzheimer è oggi un campo in grande sviluppo.
Altra via di ricerca attiva è quella che punta sullo sviluppo di una risposta immunologica contro la malattia cercando di sviluppare un vaccino in grado di contenere la produzione di b-amiloide (il peptide che si aggrega a formare le placche). Fra le varie terapie non farmacologiche proposte per il trattamento della demenza di Alzheimer, la terapia di orientamento alla realtà (ROT) è quella per la quale esistono maggiori evidenze di efficacia (seppure modesta). Questa terapia è finalizzata ad orientare il paziente rispetto alla propria vita personale, all’ambiente e allo spazio che lo circonda tramite stimoli continui di tipo verbale, visivo, scritto e musicale. Infine, le speranze della ricerca sull’Alzheimer sono puntate sul trapianto di cellule staminali embrionali che potrebbero riparare i danni degenerativi dei neuroni.