L’idrocefalo normoteso

Idrocefalo normoteso: diagnosi neurospicologica e trattamento neurochirurgico

L’idrocefalo normoteso è una condizione patologica che colpisce soprattutto le persone anziane, con una sintomatologia varia e complessa che spesso esordisce con disturbi urinari e incontinenza, difficoltà motorie e disturbi dell’equilibrio, fino a compromettere le funzioni cognitive con deficit della memoria e dell’attenzione.

Gli ultimi studi ci dicono che colpisce dallo 0.8% dei settantenni al 5.9% degli ultraottantenni, contribuendo fino al 5% dei casi di demenza.

La diagnosi esatta del problema spesso è complicata dai sintomi, che possono sovrapporsi ad altre patologie neurologiche più conosciute come la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson o altre forme di demenza vascolare.

Tuttavia, la diagnosi tempestiva di idrocefalo normoteso attraverso appropriati test neuropsicologici e indagini radiologiche è particolarmente importante perché si tratta di una condizione che, diagnosticata in tempo, può essere reversibile e trattata con un intervento chirurgico per drenare il liquido in eccesso dal cervello.

Più l’intervento avviene precocemente, maggiori sono le possibilità di miglioramento per il paziente. Al contrario, se trascurata, può portare a disturbi irreversibili.

Anche se la ricerca medico-neurologica ha fatto molta luce sulla patogenesi di questo disturbo, c’è ancora molto da scoprire sulle cause esatte dell’idrocefalo normoteso.

Sappiamo che la patologia si sviluppa come uno squilibrio tra la produzione e il riassorbimento del liquido cefalorachidiano (il fluido trasparente che circonda il cervello e il midollo spinale all’interno del sistema nervoso centrale) che si accumula nei ventricoli cerebrali, allargandoli fino a diventare perfettamente evidente nelle immagini radiologiche.

E’ una condizione che a volte si manifesta in seguito a traumi cranici, complicazioni di interventi chirurgici, emorragie cerebrali o meningiti; ma spesso l’origine dell’idrocefalo normoteso rimane poco chiara.

Cos'è il liquido cefalorachidiano?

Il liquido cerebrospinale, o liquido cefalorachidiano (CSF), è il fluido trasparente che circonda il cervello e il midollo spinale all'interno del sistema nervoso centrale.

E’ un elemento cruciale nel funzionamento del sistema nervoso, naturalmente prodotto e riassorbito dal nostro corpo nei suoi normali processi fisiologici.

A volte, però, il processo di produzione, circolazione e riassorbimento del liquido può subire delle alterazioni capaci di portare a condizioni patologiche come  l'idrocefalo, in cui si verifica un accumulo eccessivo di CSF nei ventricoli cerebrali.

I sintomi includono condizioni psicologiche come apatia e sbalzi di umore, mentre disturbi cognitivi progressivi coinvolgono problemi di attenzione, memoria e funzioni esecutive.

Dal punto di vista fisico e motorio, si manifestano disturbi urinari e difficoltà nella deambulazione, che diventa lenta e instabile, con rischio di cadute.I sintomi urinari – come incontinenza o improvvisa necessità di andare in bagno –  di solito possono precedere i disturbi cognitivi anche di molto tempo: i pazienti affetti da idrocefalo normoteso sembrano apatici, rallentati, con ridotti interessi e spesso inconsapevoli del proprio stato di salute.

Nonostante il termine tecnico “idrocefalo normoteso”, la patologia si manifesta principalmente come una forma di demenza fronto-sottocorticale.

Una condizione inizialmente difficile da distinguere da altre patologie con una sintomatologia simile,  come già ricordato: innanzi tutto morbo di Parkinson o malattia di Alzheimer. Tuttavia una Risonanza Magnetica Nucleare può facilmente confermare la presenza dell’idrocefalo, distinguendo il quadro clinico esatto.

Sembra che proprio la compromissione della sostanza bianca frontale possa essere all’origine del deterioramento cognitivo sofferto dai pazienti: deficit di attenzione, di pianificazione e altre funzioni esecutive.

Le immagini neurologiche evidenziano una riduzione del lobo temporale che accompagna il deficit della memoria; per questo è ormai evidente che la demenza dell’idrocefalo normoteso, a lungo considerata una forma di demenza esclusivamente sottocorticale, comporta anche una compromissione corticale,  probabilmente secondaria, che si manifesta in una vasta alterazione cognitiva, psicologica e comportamentale del paziente.

Accanto alla diagnostica radiologica, quindi, i test neuropsicologici sono essenziali per inquadrare e trattare correttamente la demenza dovuta a questa condizione patologica: sono lo strumento più preciso per documentare e delineare i problemi cognitivi e risultano fondamentali nell’inquadramento preoperatorio.

Cosa sono i test NeuroPsicologici?

I test neuropsicologici sono strumenti scientifici costituiti da una serie di domande e compiti sottoposti al paziente.  Il medico neurologo li usa per valutare le funzioni cognitive di un individuo, come memoria, attenzione, linguaggio, e capacità di problem solving.

I test neuropsicologici  aiutano i neurologi a diagnosticare disturbi come l'Alzheimer, il morbo di Parkinson, lesioni cerebrali, e altre condizioni neurologiche e forniscono dati cruciali sulle capacità cognitive di una persona, permettendo di elaborare piani di trattamento personalizzati e di valutare l'efficacia delle terapie.

I sintomi includono condizioni psicologiche come apatia e sbalzi di umore, mentre disturbi cognitivi progressivi coinvolgono problemi di attenzione, memoria e funzioni esecutive.

Dal punto di vista fisico e motorio, si manifestano disturbi urinari e difficoltà nella deambulazione, che diventa lenta e instabile, con rischio di cadute.I sintomi urinari – come incontinenza o improvvisa necessità di andare in bagno –  di solito possono precedere i disturbi cognitivi anche di molto tempo: i pazienti affetti da idrocefalo normoteso sembrano apatici, rallentati, con ridotti interessi e spesso inconsapevoli del proprio stato di salute.

Nonostante il termine tecnico “idrocefalo normoteso”, la patologia si manifesta principalmente come una forma di demenza fronto-sottocorticale.

Una condizione inizialmente difficile da distinguere da altre patologie con una sintomatologia simile,  come già ricordato: innanzi tutto morbo di Parkinson o malattia di Alzheimer. Tuttavia una Risonanza Magnetica Nucleare può facilmente confermare la presenza dell’idrocefalo, distinguendo il quadro clinico esatto.

Sembra che proprio la compromissione della sostanza bianca frontale possa essere all’origine del deterioramento cognitivo sofferto dai pazienti: deficit di attenzione, di pianificazione e altre funzioni esecutive.

Le immagini neurologiche evidenziano una riduzione del lobo temporale che accompagna il deficit della memoria; per questo è ormai evidente che la demenza dell’idrocefalo normoteso, a lungo considerata una forma di demenza esclusivamente sottocorticale, comporta anche una compromissione corticale,  probabilmente secondaria, che si manifesta in una vasta alterazione cognitiva, psicologica e comportamentale del paziente.

Accanto alla diagnostica radiologica, quindi, i test neuropsicologici sono essenziali per inquadrare e trattare correttamente la demenza dovuta a questa condizione patologica: sono lo strumento più preciso per documentare e delineare i problemi cognitivi e risultano fondamentali nell’inquadramento preoperatorio.

Il trattamento coinvolge interventi chirurgici per drenare il liquido in eccesso attraverso uno shunt ventricolo-peritoneale, o in alternativa, mediante punture lombari periodiche.

I pazienti con un deficit cognitivo lieve e di breve durata sembrano trarre maggior beneficio dal trattamento.

Purtroppo, l’atrofia cerebrale e le lesioni ischemiche sottocorticali rappresentano fattori prognostici negativi.In conclusione, il riconoscimento tempestivo e il trattamento adeguato possono fare una grande differenza nella gestione dell’idrocefalo normoteso.

Speriamo che le future ricerche possano gettare luce sulle cause esatte di questa condizione e migliorare ulteriormente le opzioni terapeutiche.

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