Il neurinoma dell’acustico è un tumore benigno che origina dalle guaine di rivestimento dell’ottavo nervo cranico (stato-acustico). Questo nervo, esclusivamente sensitivo, è formato da due nervi distinti: il nervo cocleare deputato alla percezione dell’udito e il nervo vestibolare responsabile dell’equilibrio. A sua volta il nervo vestibolare è costituito da un ramo superiore, che decorre in stretto contatto con il nervo facciale, e da un ramo inferiore, che decorre a contatto con il nervo cocleare. Quest’ultimo nervo nasce dalla coclea, mentre i nervi vestibolari superiore ed inferiore nascono dagli organi deputati all’equilibrio (vestibolo, canali semicircolari, utriculo e sacculo). I 4 nervi in questione (2 vestibolari, cocleare e facciale) percorrono un piccolo canale osseo (condotto uditivo interno) per circa 1 cm prima di entrare nell’angolo ponto-cerebellare e raggiungere il tronco dell’encefalo, parte del cervello dove prendono origine i nervi cranici. Come detto anche il settimo nervo cranico o nervo facciale, deputato ai movimenti dell’emifaccia omolaterale, passa in questo canale insieme a importanti vasi sanguigni.
Il neurinoma dell’VIII (impropriamente detto dell’acustico) nasce dalla guaina di rivestimento di uno dei due nervi vestibolari (in oltre 70% dei casi dall’inferiore), generalmente all’interno di questo canale osseo.
Per ciò che riguarda il trattamento chirurgico di tale neoformazione, questo si avvale della tecnica microchirurgica (microchirurgia), ossia della tecnica chirurgica che si utilizza lavorando al microscopio operatorio. Consiste di gesti attenti e precisi, che si effettuano utilizzando strumentario dedicato. La conoscenza approfondita dell’anatomia microchirurgica ed il continuo esercizio (sul paziente ma anche su preparati anatomici) consente di ottenere i migliori risultati in termini di asportazione del tumore e di morbidità.
In centri dotati di esperienza medio-alta, la mortalità chirurgica è prossima allo zero ed in quei rari casi in cui accade si tratta di neurinomi voluminosi, molto aderenti al tronco encefalico e/o con idrocefalo. Per ciò che riguarda la morbilità associata a tale procedura chirurgica, mi sembra corretto parlarne in modo differenziato, in rapporto alle dimensioni del neurinoma, alla sua estensione ed ai rapporti con il tronco encefalico.
1. I piccoli neurinomi intracanalicolari (sotto il centimetro) con udito conservato totalmente o in parte costituiscono la situazione migliore per l’asportazione totale e per salvaguardare il nervo facciale ed il nervo acustico. Ad ogni modo è ragionevole anche l’atteggiamento “wait & see” con monitoraggio clinico-RMN ogni 6-12 mesi. Qualora l’udito sia perso del tutto l’atteggiamento di attesa è ancora più indicato, lasciando la soluzione chirurgica per quei casi in cui il tumore tende a crescere ai controlli RMN programmati. Per ciò che riguarda la via chirurgica utilizzata per l’asportazione, nei pz con udito conservato si preferisce l’approccio retrosigmideo, mentre nei pz con udito assente la via migliore è in genere quella transmastoidea-translabirintica, che non apre il cranio. Anche se questa seconda via è da sempre di competenza ORL, alcuni neurochirurghi (me compreso) hanno acquisito negli anni l’esperienza per asportare il tumore con entrambe gli approcci.
2. I neurinomi intra-extracanalicolari (aggettanti nell’angolo ponto-cerebellare) al di sotto dei 2 cm con udito in parte o del tutto conservato vanno trattati con l’approccio retrosigmoideo. Le possibilità di salvare il facciale sono >90%, anche se una lieve paresi transitoria del nervo si può osservare in un pz. su tre, con regressione entro 3-6 mesi (esperienza non solo personale ma anche di grandi chirurghi come Fukushima, Samii, ed altri). Le possibilità di conservare l’udito si aggirano intorno al 50% e diminuiscono in modo inversamente proporzionale alle dimensioni della neoplasia. Se poi sono presenti tinnito ed acufeni è pressocchè impossibile salvare il nervo che, anzi, è preferibile sezionare per evitare la persistenza di tali disturbi nel postoperatorio, anche in assenza dell’udito. La difficoltà che si incontra nel salvare il nervo cocleare è legata al fatto che, come detto in precedenza, il neurinoma nasce in oltre il 70% dei casi dal nervo vestibolare inferiore, a stretto contatto con il nervo acustico che pertanto è il primo a risentirne. Nel 20-25% dei casi il neurinoma nasce dal nervo vestibolare superiore, a stretto contatto con il nervo facciale. Questi sono i casi in cui è veramente difficile evitare un deficit temporaneo o permanente del nervo facciale, completamente inglobato dal tumore. Qualora l’asportazione totale abbia elevate probabilità di arrecare un deficit permanente del facciale, previo accordo con il paziente e consenso informato, si può decidere di lasciare un piccolo frammento di capsula tumorale sul nervo e di seguirne l’evoluzione con RMN periodiche. Takanori Fukushima, grande esperto internazionale in questo campo, riferisce di dover adottare questa strategia nel 30% circa dei pazienti. Nei casi con udito perso del tutto si preferisce usare la via extracranica translabirintica. Anche in questi casi le percentuali di deficit del facciale sono in linea con quanto detto poco fa.
3. Nei pz. affetti da neurinomi con diametro >2 – 2.5 cm salvaguardare l’acustico è nella maggior parte dei casi impossibile. Seppure il nervo possa in molti casi rimanere integro generalmente non funziona. La possibilità di risparmiare il facciale scende al 70-80%, mentre una lieve paresi transitoria si osserva in quasi la metà dei pazienti. Anche in questi casi si può decidere in presenza di una importante adesione tumorale al nervo facciale di lasciare un piccolo frammento di neurinoma sul nervo e di monitorizzarlo nel tempo. Ciò in quanto è naturale che un piccolissimo residuo nel tempo possa lentamente ricrescere. Ad ogni modo la possibilità di ripresa della malattia è possibile ma rara, considerando che con l’intervento si toglie gran parte dell’afferenza vascolare alla neoplasia. In caso di eventuale recidiva della lesione (che comunque si sviluppa nel corso di molti anni) si può riconsiderare un trattamento chirurgico.
4. Nei neurinomi giganti (oltre 3 cm) i rapporti col tronco encefalico rendono l’asportazione (generalmente per via retrosigmoidea) molto delicata ed oltre il rischio di danno per i nervi cranici (in questi casi oltre al facciale ed al cocleare si possono avere talvolta anche deficit del trigemino già nel preoperatorio) c’è la possibilità di problemi anche a carico del tronco encefalico. In questi pz. l’asportazione deve essere quindi giudiziosa e tenere in considerazione la possibilità di una rimozione subtotale, “in sicurezza”.
In queste condizioni può anche associarsi un idrocefalo ostruttivo, che spesso migliora dopo l’intervento ma talvolta necessita di esser derivato.